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Tra i testi di Enzo Moscato, intarsiatore della lingua napoletana, Partitura, scritto nel 1988, è una scrittura poetica che si discosta dalla tradizione teatrale napoletana, sciogliendo il dialetto da gran parte delle sue incrostazioni “piccolo-borghesi”, dalle contaminazioni con la lingua italiana.

Non si tratta, tuttavia, di una ricerca stilistica, un andare alla ricerca del barocchismo dei testi del ‘500 o del lirismo della canzone napoletana. I testi di Moscato sono spesso un porto franco dove si scontrano le culture della città-tribù napoletana, a volte narrati  con una sola voce, in cui echeggiano le stratificazioni storiche, che rivivono attraverso la complessa semantica della lingua napoletana, in una contrapposizione tra eros e sangue, in una germinazione di immagini che seguono il ritmo barocco di Partitura.

Una germinazione poetica che racconta la visione di una città dal lato femminile: la città-medusa immortale, gelatinosa e velenosa, uterina e fetida, compiacente e connivente, sapiente ed ignorante, avida e generosa…tradita ed abusata.

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