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Immaginiamo un universo euclideo, o meglio cartesiano, a due sole dimensioni, larghezza e lunghezza; un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e dei Cerchi, invece di stare fermi, si muovono autonomamente e continuamente in ogni direzione sulla superficie del piano, senza potersi sollevare o immergere nello stesso. Bene, questo universo è lo spazio letterario di Flatland, racconto fantastico (e vittoriano) a più dimensioni, che il reverendo Edwin Abbott Abbot (praticamente Abbott al quadrato) pubblicò in Inghilterra, anonimamente, nel 1882. Ma Flatland non è solo questo, è anche la creazione di un luogo letterario, che è un linguaggio, il quale, se non sfugge all’analogia, fa sì che la formazione degli oggetti ideali avvenga mediante una pratica discorsiva che allenta la stretta tra le parole stesse e le cose. Il linguaggio di Flatland è il medium di un gioco di presenza e di assenza, nello spazio della non-realtà dell’inclusione del senso, in cui l’idealità costituisce la via di fuga.

Gli abitanti di Flatland sono figure geometriche totalmente piatte, che vivono in un mondo totalmente piatto, ed ignorano l’esistenza di una terza, una quarta o una quinta dimensione. I loro contorni sono luminosi sicché, invece dello spessore, il quale implicherebbe la supposizione dell’esistenza di una terza dimensione, quando una linea è visibile si intende che è lucente. L’Alto ed il Basso non esistono e gli abitanti di Flatland conoscono solo i punti cardinali, dedotti attraverso l’osservazione di una naturale attrazione magnetica verso il Sud. L’esistenza dei “Solidi”, ovvero delle figure geometriche tridimensionali è ignorata. In pratica, la loro visuale è la seguente:

Niente è visibile per noi, né può esserlo, tranne delle linee rette; e il perché lo dimostrerò subito. Posate una monetina nel mezzo di uno dei vostri tavolini nello spazio, e chinatevi a guardarla dall’alto. Essa vi apparirà come un cerchio. Ma ora, ritraendovi verso il bordo del tavolo, abbassate gradatamente l’occhio (avvicinandovi così sempre più alle condizioni degli abitanti di Flatland), e vedrete che la monetina diverrà sempre più ovale; finché da ultimo, quando avrete l’occhio precisamente all’altezza del piano del tavolino (cioè come se foste un autentico abitante di Flatland), la moneta avrà cessato di apparire ovale, e sarà divenuta, per quanto potrete vederla, una Linea Retta. Lo stesso accadrebbe se faceste il medesimo esperimento con un Triangolo, un Rettangolo, o una qualsiasi altra Figura ritagliata nel cartone. Se la guardaste con l’occhio al livello del piano dl tavolino, vedreste che essa cessa di apparirvi come una figura e che diverrebbe identica per l’aspetto ad una Linea Retta.

(Abbott, Flatland)

Secondo uno schema che ricorda quello dei poligoni di Nicolò Cusano, nella rigida e gerarchica struttura sociale di Flatland, le forme geometriche echeggiano i tipici caratteri della società vittoriana: le donne sono delle Linee Rette e, gli operai delle classi sociali più basse sono dei Triangoli Isosceli con due lati uguali, mentre i soldati sono dei triangoli con un terribile e mortale vertice acuto, che viene usato come un’arma per trafiggere. La borghesia è composta invece da Triangoli Equilateri, mentre i professionisti e i gentiluomini sono dei Quadrati, e figure a cinque lati, o Pentagoni. Al di sopra di queste classi c’è l’Aristocrazia, divisa in diversi gradi, a partire dalle figure a sei lati in poi. Più aumentano i lati, più aumenta il grado sociale, fino a figure che hanno tanti piccoli lati da non essere più distinguibili da un cerchio. Costoro fanno parte dell’ordine circolare o sacerdotale, la classe più elevata di tutte, al cui apice c’è il Gran Circolo, quasi un cerchio perfetto, a cui si attribuiscono per cortesia almeno diecimila lati.

Per una legge di natura, a Flatland, ogni figlio maschio nasce con un lato in più rispetto al padre, così ogni generazione, di regola, sale di un gradino nella scala dello sviluppo e della nobiltà. Questa regola però funziona solo per chi possiede dei lati uguali, e naturalmente funziona di meno per i figli degli operai e dei soldati. Non avendo i lati uguali infatti, i figli degli Isoscele nascono Isosceli. Tuttavia è possibile che per meriti militari oppure grazie a fruttuose fatiche espletate nel campo lavorativo, la base di un Isoscele possa allargarsi nel tempo, fino ad arrivare a somigliare ad un Equilatero. I matrimoni misti (combinati dai preti) tra i figli delle classi inferiori che hanno conquistato il merito di possedere un angolo meno acuto, quindi intellettualmente più dotati, danno vita in genere ad un Triangolo Equilatero.

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